Regola#102unadonnasasempretrovareilpianodemergenzaperfetto

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…Un quadro dipinto da un gruppo di ragazzi speciali – un gruppo di ragazzi Down – che avevano riempito quella tela di un metro per un metro con splendidi tulipani rosa, stesi sotto ad un cielo azzurro e limpido.

UNA DONNA SA SEMPRE TROVARE IL PIANO D’EMERGENZA PERFETTO

Se c’è una cosa che ogni donna sa fare splendidamente bene, è trovare una soluzione alternativa ai problemi, un piano B, una scappatoia d’emergenza; e se c’è una cosa che ogni donna sa fare splendidamente meglio, è far passare il piano d’emergenza in una strategia ben pianificata.

Come è capitato a me.

Sono stata protagonista di un triangolo, una volta. Che riguardava me, una mia compagna d’università, e il mio primo fidanzato (quello della regola#91, per capirci).
Se stai pensando a notti sfrenate di sesso a tre, tuttavia, sei fuori strada (anche perché il numero perfetto per me in quel settore è sempre stato due. Tragicamente ridotto a uno, da molti mesi a questa parte!).
L’elemento che mi unisce alla mia compagna d’università e al mio primo ex, è un quadro.
Un immenso quadro raffigurante dei girasoli, che allora erano il mio fiore preferito. Prima cioè che il mio ex decidesse di farlo diventare un incubo, disseminando la mia vita di girasoli per riconquistarmi quando oramai era troppo tardi.
Gli uomini in fatto d’amore non brillano per tempismo, visto che lui aveva capito di amarmi e volermi davvero esattamente nel momento in cui io avevo realizzato che di lui non volevo definitivamente più saperne; 5 anni insieme era stati abbastanza per capire che non volevo accontentarmi.
Lo lascio, lui decide che non è d’accordo ed inizia a fare tutto quello che avrei voluto avesse fatto prima, compreso sorprendermi con regali a misura di me. Come questo immenso quadro, regalatomi il giorno del mio compleanno e con il retro pieno di scritte d’amore. “Ti aspetterò per sempre”, “sei tu quella che voglio”, “tornerai da me” eccetera eccetera.
Praticamente un vademecum di minacce e frasette voodoo per tenermi legata a lui. Tuttavia il quadro era gradevole, e sulla parete sopra al letto di cameretta mia ci stava proprio.

Passa qualche mese. Il postino mi recapita l’invito al matrimonio della compagna d’università.
Ecco, non c’è nulla di più dolceamaro di un invito ad un matrimonio dopo che te ti sei appena mollata con qualcuno con cui il matrimonio avevi iniziato a progettarlo. Soprattutto se in quel periodo ti stai sbattendo tra mille lavoretti per racimolare i soldi per la tassa dell’università, e nel tuo budget personale un regalo di nozze proprio non rientra. Figuriamoci abbigliamento e tutto il resto.
Medito di inventare una scusa e rifiutare….ma la sento e capisco che ci tiene davvero.
Felice per lei, triste per me. Serve un piano d’emergenza, e siccome sono una donna, sono geneticamente programmata per saper trovare il piano perfetto.
Mi stendo sul letto al contrario (con la testa dalla parte dei piedi) e per riflettere meglio alzo le gambe e le tengo appoggiate al quadro dei girasoli. Sono lì che mi spremo la testa per trovare le idee giuste, e tra un mumble mumble e l’altro, mi guardo i piedi. Che poggiano sulla cornice. La cornice del quadro. Il quadro.
Eureka.
Dopotutto, mi aveva messo ansia da quando lo avevo appeso, ricordandomi costantemente i dettagli più dolorosi di quella storia appena finita. Lo stacco dal muro. Guardo il retro. Me n’ero dimenticata…è pieno di scritte, e difficilmente potrei giustificare delle dediche del genere alla mia amica neo sposa.
Felice per lei, angosciata per me. Piano d’emergenza: devo solo ritappezzarlo. Mi procuro il materiale, e in 10 minuti sembra nuovo.
Felice per il regalo, triste per quello che rappresenta. Voltare pagina brucia sempre un po’ troppo.
Arriva quel giorno. Carico il quadro nella mia SuperKa e parto, indossando quello che sembrava più nuovo e chic di tutto il mio armadio: gonna lunga in jeans, con tanto di strascico (l’avevo vista in tv sulla Hunziker e me l’ero fatta fare uguale; avrei dovuto farmi fare uguale anche il culo, ma quello purtroppo sarebbe costato un po’ di più rispetto ad un pezzo di stoffa); camicetta stile jappo tutta scollata sulla schiena, tanto in chiesa sarei rimasta dietro e non avrei sconvolto nessuno.


Peccato che la mia amica avesse scelto di sposarsi durante la messa principale della domenica, di fronte a praticamente tutto il paese. E peccato anche che la mia camicetta fosse quel tantino attillata da dare la sensazione che dove entrassi io, entrassero 10 metri prima le mie tette. Le mie grandi, grosse, tette venete.
Felice per lei, a disagio per me. Piano d’emergenza: esco senza farmi notare, e vado nell’osteria del paese. Passo tutti i restanti 55 minuti di messa a giocare a briscola con Beppino, Fulvio e Primo, bevendo ombre (bicchierini di vino rosso) e ridendo come una pazza. Messa finita, saluto i miei nuovi amici in pace.
Si va al ristorante, bacio bacio evviva gli sposi antipasto due primi due secondi sorbetto dolce tanti saluti e baci. Consegno il mio regalo – amica felicissima – e riparto verso casa.
Felice per lei, vuota per me. Chissà se amerò mai di nuovo, penso girando per quelle stradine di campagna. E girando, e girando ancora. Perché mi perdo. Dopo un’ora e mezza di stradine, mi fermo in una piazzetta di chissà che paese, e scoppio a piangere.

Per quel quadro, per la mia amica che sentivo di aver tradito non condividendo in pieno la gioia di quel giorno, per la rata dell’università che mi sembrava ancora troppo lontana da riuscire a pagare, per tutto quello che in quel periodo stavo vivendo. Piango a singhiozzo per quasi mezz’ora, buttando fuori in quelle lacrime tutto, anche la fatica di riuscire sempre a trovare un piano d’emergenza. Poi faccio un respiro profondo, e la donna che è in me – come capita ad ognuna di noi – torna a ragionare e a mettermi di fronte una via d’uscita. Prendo il telefono, chiamo il mio straordinario papà che ha nella testa uno stradario completo, e mi faccio guidare semaforo dopo semaforo, fino alla prima autostrada.
Che imbocco con il finestrino aperto, respirando con i polmoni, e con tutto il cuore.
Felice per me. Perché dietro ad un piano d’emergenza andato bene, c’è sempre una strada nuova che si apre.

Da allora, non ho mai più temuto nessuna situazione, perché SO che trovare il piano d’emergenza giusto rientra perfettamente nelle mie corde. E anche nelle tue.

Per la cronaca: dopo qualche settimana, ho trovato anche il quadro giusto da mettere sopra il mio letto. Un quadro dipinto da un gruppo di ragazzi speciali  – un gruppo di ragazzi Down – che avevano riempito quella tela di un metro per un metro con splendidi tulipani rosa, stesi sotto ad un cielo azzurro e limpido.
Quel quadro è tutt’ora in camera mia, e mi ricorda ogni giorno che la vita è bella, è proprio bella. Capito?

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