Regola#313frangar,nonflectar

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FRANGAR, NON FLECTAR

Sono piegata sul dizionario da quasi tre ore, e non ce la faccio più.
La schiena mi fa talmente male che non riesco a respirare, e la testa sta anche peggio.

Manca una sola riga, e poi il latino uscirà dalla mia vita.
Quarto anno di liceo, un afoso venerdì di fine maggio.
Sto facendo l’ultima versione della mia vita, perché in quinta il latino non ci sarà, e la facoltà che ho già scelto non lo prevede nel piano di studi; Deo gratias! per restare in tema.

Dall’esito di questa versione dipende la mia media di tutto l’anno. Non posso sbagliare, ma mi sono affossata da quasi quaranta minuti sulla stessa frase, e saranno il caldo, la stanchezza, lo stress di queste ultime settimane di compiti e verifiche, proprio non riesco a tradurla.

È maledettamente troppo complicata, e mi viene da piangere perché la prof poteva evitare di scegliere una versione tra le più difficili di Tacito per l’ultimo compito dell’anno.

Mi arrovello talmente tanto su quelle poche parole che mi esce anche il sangue dal naso, colando diretto sul dizionario aperto.
Chiedo di uscire, corro in bagno a rinfrescarmi i polsi. E a calmarmi i pensieri.

Chiudo gli occhi, tiro un profondo respiro, e mi tornano in mente le parole della mia prima insegnante di latino, alla prima lezione di quattro anni fa.

“Trova il verbo, poi il soggetto, poi tutto il resto. Ma prima trova il verbo, perché il trucco sta tutto lì”.
Trovare il verbo; la prima regola base del latino, ma nella confusione me n’ero completamente dimenticata.
Torno in classe, rileggo la frase per la centesima volta, e mi metto a cercare il verbo. E d’un tratto, diventa tutto più semplice.

La frase è sempre quella, le parole pure, il caldo, lo stress e la stanchezza son sempre quelli pure loro.
Ma sono cambiata io, perché quel giorno, in quel bagno, con il naso sanguinante e gli occhi rossi per il nervoso ho deciso che non esisterà mai al mondo qualcosa che possa essere più forte di me.
Non esistono ostacoli che non si possano superare stringendo i denti, ingoiando fango e restando aggrappati alla voglia di farcela.

La vita non è una cosa semplice, e lo sai.
Non è semplice l’amore.
Non lo sono i legami, le relazioni, l’ambiente in cui lavori.

Non è semplice crescere i tuoi figli, non è stato semplice metterli al mondo e non lo sarà accompagnarli in questa vita fatta di bastonate.

Non è semplice restare quella che sei nonostante tutto, e non è semplice tentare di dare di te il meglio.

Non è semplice stare a galla con l’acqua alla gola quando vorresti solo rilassare le gambe e lasciarti affondare giù, e non è semplice gestire la gioia quando troppo improvvisa o troppo attesa e non è semplice gestire la delusione quando è l’ennesima volta che ti senti così.
L’ennesima.

Non c’è apparentemente niente di semplice in questa cazzo di vita che abbiamo.
E allora giochiamo d’astuzia.

Trova il verbo, che poi non è altro che capire quello che VUOI, che fa per te, che ti fa sentire a casa dovunque ti trovi, come la sensazione che si prova dopo una giornata vissuta con il coltello fra i denti, quando ci si stende finalmente a letto e chiudiamo gli occhi con la consapevolezza che l’abbiamo portata a casa comunque, quella giornata lì.

Trova il tuo verbo, e metti in fila tutto il resto a seconda di quello che ritieni debba venire dopo.
Forse le cose ti appariranno più semplici, o forse no. Ma una cosa è certa: nulla ti potrà più fare paura.

Frangar, non flectar.
(Mi spezzerò ma non mi piegherò)

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