Regola#173seiltoyboyèunacosaseria

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…O almeno, è stato così fino al giorno di Natale di tre anni fa, quando una dolce e cara vecchietta, con una frase in dialetto veneto di quelle che non ti lasciano via di fuga, mi ha – fortunatamente – rimessa al mio posto… (illustrazione di rita cardelli)

SE IL TOY BOY E’ UNA COSA SERIA

Non mi tolse un secondo gli occhi di dosso. E soltanto alla fine del pranzo capii perché.
Ma partiamo dall’inizio. Partiamo dal 1976 che è stato il mio, di inizio.

Da lì, spostiamoci al 1974. Poi al 1975. Poi ancora al 1977, al 1982, 1985, 1991, 1992. Cosa lega tutte queste annate? Sono quelle in cui sono nati alcuni dei miei piccoli grandi amori.  E per piccoli grandi amori non intendo citare una delle canzoni del secolo (scorso), ma intendo proprio indentificare un dato di fatto.

Perché già da tempi non sospetti, e cioè da quando ancora non andava di moda, ho sempre avuto una passione smisurata per i toy boy. Sarà per il mio innato senso materno, sarà per la mia vocazione da crocerossina, sarà che amo le imprese impossibili, la differenza numerica tra la mia età e quella dei miei flirt è come un’iperbole: la mia cresce, la loro diminuisce.

O almeno, è stato così fino al giorno di Natale di tre anni fa, quando una dolce e cara vecchietta, con una frase in dialetto veneto di quelle che non ti lasciano via di fuga, mi ha – fortunatamente – rimessa al mio posto.

Tutto iniziò con uno sguardo, appunto. Pranzo di Natale a casa del mio nuovo ragazzo. O meglio, ragazzino, visto che il soggetto in questione ha ben 15 anni meno di me. Lui 22, io 37. E per la prima volta siamo insieme alla sua famiglia, che è al corrente della nostra storia.

Il mio amore classe 1991 seduto di fronte a me. A capotavola da un lato la sua mamma, che tenta di essere gentile anche se forse sotto sotto vorrebbe strozzarmi, e che comunque non può fare a meno di trovarmi simpatica; a capotavola dall’altro lato il papà, combattuto fra un enorme orgoglio ed una smisurata invidia. Vicino a me la sorella – che è diventata amica mia da tempo – e di fronte alla sorella, lei. La NONNA.

Il pilastro della famiglia, la custode di una saggezza transgenerazionale nonché di gran parte dei detti in lingua veneta oramai in disuso. E una donna dotata di una fissità di sguardo notevole, visto che per due ore non fa che fissarmi, senza pronunciare una sola parola.

Fino al momento del caffè, quando la cara e dolce nonnina si gira verso il nipote – con cui da un paio di mesi sto condividendo, per così dire, una certa intimità – lo guarda e pronuncia le prime, sante parole di quella giornata.
Queste: MA XEA VEDOVA? (tradotto dal dialetto: ma è vedova?).
No, signora, non ho fatto manco il primo giro. Questa è stata la prima cosa che ho pensato. E la seconda, che con quella frase terminava la mia storia con il nipotino, nonché la mia passione per i toy boy.
Perché se il toy boy diventa una cosa seria, diventano serie anche tutte le conseguenze che questo comporta. E le differenze che, immancabilmente, finiscono con il separarvi.

E non si tratta solo delle canzoncine dei cartoni animati, che non potete cantare assieme perché lui “Occhi di gatto” non sa neanche cosa sia, e tu di Holli e Benji ricordavi un’unica sigla, ben diversa da quella odierna.
Non si tratta della sua evidente incapacità nei giochi di società, dovuta alla mancanza di pratica con le soprese delle merendine del Mulino Bianco.
Non si tratta del pezzo di memoria storica che vi manca, per cui lui manco sa che le Germanie una volta erano due e non ha vissuto la bellezza della Nazionale italiana di calcio affidata ai volti di Giannini, Mancini, Maldini, Cabrini e Casiraghi (ho detto bellezza, appunto).
Non si tratta nemmeno di avere coscienza di come le tendenze cambino, per cui lui inorridisce di fronte ad una foto di te in fuseaux, e mentre lo fa si tira su ancora di più il risvoltino. Della tuta.
In poche parole, non si tratta del passato, che tutt’al più potrebbe diventare una storia tutta da raccontare.

Si tratta del futuro.
Perché se ti innamori di uno giovane, ma tanto più giovane di te, la visione che avrete del futuro sarà inevitabilmente diversa.
Perché il futuro, a differenza del passato, non si può raccontare. Si può e deve solo costruire.

E fai fatica a tirar su una casa nuova, se tu sei pronta con la cazzuola in mano mentre lui sta ancora disegnando il tetto a forma di triangolo con il camino fumante le due finestrelle e il vialetto davanti.

Quindi amica, goditi la passione irrefrenabile di ore ed ore ed ore a far l’amore, o la dolcezza quasi dimenticata di sentire che ti mette le mani dentro la tasca posteriore dei jeans quando ti bacia sotto casa tua, che al solo pensiero senti immediatamente partire nella tua testa la colonna sonora del Tempo delle Mele (ecco, a lui non dirlo però, perché l’ultima volta che l’ho fatto io mi sono sentita chiedere se mi piacessero davvero così tanto i frutti della Val di Non..).
Vivi di ogni attimo, ma quando le cose si fanno serie, fatti la seguente domanda: stiamo andando verso la stessa direzione?

Perché a forza di aspettare che il tuo toy boy cresca, rischi di ritrovarti anche tu come quella vecchietta con lo chignon bianco in testa e il sorriso sbarazzino come la nonnina del mio ultimo amore impossibile.
Ma rischi di essere ancora ferma alla fermata aspettando il Principe Azzurro.
Che nasca.

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