Regola#121ricominciadate

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Perché quanto tutto intorno a te sembra crollare, c’è sempre qualcuno che non ti abbandonerà mai: TE STESSA.

RICOMINCIA DA TE

Ho iniziato la scuola materna a due anni. E all’epoca (era il lontano 1978), gli asili nido non erano ancora nati e alla materna si andava a partire dai tre. Ma io mi ambientai subito, grazie anche ad una maestra, Mariangela, che mi ha sempre voluto bene come fossi stata figlia sua. E lo fa anche adesso.

Ho avuto la prima barbie a 7 anni, mentre con i miei eravamo in vacanza in Puglia. Barbie costume. Ero l’unica delle mie compagne ad avere la Barbie povera, perché dotata soltanto di un costume intero. Manco un cappello di paglia o un paio d’occhiali. Ma era la Barbie più simpatica della compagnia, e per questo avevano iniziato ad invidiarmi tutte.

Ho frequentato le elementari in un paesello di campagna; le medie nello stesso paesello di campagna. Le superiori poche decine di chilometri più in là. In prima liceo sono stata persino bocciata; poi ho deciso che il ruolo di secchiona mi stava decisamente meglio, e ho messo in piedi una compagnia teatrale con le compagne di classe. Sono stata persino rappresentante d’Istituto, e prima della maturità una delle poche che il preside ha saputo chiamare per nome durante la cerimonia di congedo.

Ho scelto un’università sempre nei paraggi. Non ho mai frequentato neanche mezza lezione, anzi, la prima cosa che facevo arrivata in facoltà per un esame era chiedere quale fosse il professore, perché temevo di fare l’esame con un bidello. Mi sono laureata con 106 su 110, un piccolo battibecco tra il mio docente e la controrelatrice e il filmino di tutta la discussione ripreso dal parroco del mio paesello.

Nel frattempo, ho fatto la babysitter, l’insegnante privata, l’operaia, la camiciaia, la cameriera, la barista, l’impiegata, la direttrice, la professoressa, la responsabile marketing, la commerciale, la consigliera comunale, l’attrice, l’allevatrice (ho lavorato per una settimana nella stalla di un amico. Una stalla vera e propria, con le mucche le mosche la cacca e tutto il resto), la regista teatrale, l’addetta stampa, la ghost writer, l’impiegata amministrativa, la conduttrice televisiva, la speaker, la presentatrice, la disoccupata. Adesso faccio la producer.

Mi sono innamorata e disinnamorata e mi sono innamorata e sono stata lasciata e mi sono innamorata e ho lasciato.

Ho cambiato 8 case. Ho vissuto da sola in un piccolo monolocale senza garage e finestra in bagno, in un paese famoso per avere il mercato più grande del Veneto, come diceva la voce automatica che gracchiava dall’altoparlante proprio sotto la finestra della mia camera, tutte le domeniche. Dalle 9 del mattino.

Ho vissuto da sola in un piccolo attico aziendale a Greve in Chianti; ho convissuto in una casettina con taverna, giardino, cagnolino e un amore sbagliato.

Vivo da sola in un piccolo monolocale pieno di libri e di colori.

Eppure, ogni giorno c’è un piccolo, brevissimo attimo in cui il mio cervello va in panico, e mi assale il terrore di non farcela ad affrontare tutto. E’ solo un attimo, un instante, una frazione di secondo più breve di uno starnuto, eppure c’è, tutti i giorni.

Sai come lo combatto? Pensando a tutte le volte che sono partita da me. Sono rinata talmente tante volte in una vita sola, in questa vita, che credo rinuncerei volontariamente alla reincarnazione, perché salvo rinascere pianta grassa o lichene, ho fatto già tutto in questi miei primi tot anni.

E prima di ogni mia nuova vita, di ogni nuova versione di me, ho toccato il fondo, sentendomi talmente sola da sentire l’eco anche quando parlavo sottovoce. Anche quando parlavo tra me e me.

Ma anche quando parlavo tra me e me, non ero sola.
Perché quanto tutto intorno a te sembra crollare, c’è sempre qualcuno che non ti abbandonerà mai: TE STESSA.

E questo vale anche per te. Hai la cosa più unica e preziosa che esista.
Te stessa.
L’unica persona che ti conosce davvero, anche nelle cose più perfide e in quelle che non faresti mai davanti a nessuno, come metterti le dita nel naso o saltare la doccia se torni tardi dalla discoteca di venerdì sera.

Avrai sempre qualcuno su cui contare, e sei tu.
Vivendo poi, sceglierai se crearti intorno un mondo di relazioni – più o meno sincere – o se preferirai non fidarti di nessuno. Ma il modo in cui lo farai apparterrà a te, a te soltanto.

Perché vivere è come costruire ogni giorno una collana, infilando una dopo l’altra perle o pietre o sassi o coralli o noccioline o caramelle o conchiglie o tappi di bottiglia o biglie o perline di soia o palline di mollica di pane o diamanti.
Una collana di istantanee, in cui tu rappresenti la chiusura, di cui tu sola sarai la custode.
L’inizio e la fine.
L’A e la Z.
L’invocazione e il così sia.

Amen.

 

 

 

 

 

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