Regola#37quandolecosesicomplicanoallentalapresa

regola#37
…Con le stesse mani con cui sto battendo sulla tastiera del mio pc rosa, qualche anno fa ho ricamato il nome ZACK decorato con i tipici Teddy Bears inglesi, e poi l’ho consegnata direttamente nelle Pregiatissime Mani di Sir Elton in persona. Che gradì parecchio…

QUANDO LE COSE SI COMPLICANO, ALLENTA LA PRESA

Per spiegarti questa regola, userò una metafora che sono sicura capirà al volo l’80% di voi, cioè tutte quelle donne che almeno una volta nella vita hanno tenuto in mano ago e filo: sono entrate nel mondo del RICAMO-E-DEL-CUCITO. Io ricamo sin da quando sono piccina; mezzo punto su prestampati che solitamente raffiguravano cartoni animati, fumetti o animaletti colorati se dedicati ai bimbi, oppure cristi, madonne, nature morte e paesaggi tristissimi, per le donne adulte (come se da grandi non potessimo voler ricamare qualcosa di allegro e colorato!); quand’ero adolescente sceglievo dei quadri famosi (Le Tre Età Della Donna di Klimt o i Girasoli di Van Gogh), li fotocopiavo per ingrandirli il più possibile, quindi univo tutti i pezzetti e con la carta carbone li ricalcavo sulla tela Aida, cioè la famosa tela bianca a forellini che si usa per il punto croce e il mezzo punto. E cominciavo a ricamare. Ci mettevo anni; si, lo ammetto: vincere facile non mi è mai piaciuto. Ponci-ponci-po-po-po.

Poi, sono entrata nel meraviglioso mondo del punto croce, quando nel 2007 ho scoperto che stavo per diventare “zia”, perché una mia carissima amica aspettava quella che poi è diventato l’amore più grande della mia vita, Giulia. Il giorno dopo l’annuncio, sono entrata di corsa in uno di quei negozi per le tuttofare, e ho comprato veramente TUTTO. Aghi, fili, valigetta porta fili, forbicine, libri con schemi, stoffa, bavaglini. Tutto quello che poteva servire per ricamare a punto croce e che in quel momento era nel negozio, io l’ho comprato, e ho iniziato a ricamare il primo set asilo di Giulia (che allora era nella pancia della sua mamma da due mesi e aveva si e no le dimensioni di un fagiolino…ok, forse ero un po’ in anticipo…).

Avevo scelto una fantasia con delle conchiglie tutte colorate per l’asciugamano, delle ballerine classiche con tutù e scarpette per la bavaglia e degli orsetti per il sacchetto (seconda parentesi: si ok, avrei dovuto fare tutto coordinato…ma ero alle prime armi con il punto croce, eccheccazzo!!!)

Mi sono messa a ricamare in tutti i momenti liberi: in treno andando a lavoro, in mezzo agli studenti che si chiedevano se soffrissi della Sindrome di Benjamin Button poiché dimostravo 30 anni ma mi comportavo da ottantenne, a casa in ogni momento libero, in sala d’attesa dal dentista, fosse stato possibile avrei ricamato anche al cinema indossando un caschetto da minatore con la luce sopra. Ero diventata un’invasata del punto croce. Per riuscire a finire tutto, mi ero portata il kit anche in ferie. In spiaggia, mentre ricamavo, ad un certo punto mi sono vista dal di fuori, ed ero uguale spiccicata alla moglie di Fantozzi. Pina. Oh mio Dio. Ma dovevo finire il ricamo PRIMA che Giulia nascesse.

La notte del 21 agosto 2007, era un martedì, alle 2.15, dopo 8 mesi di lavoro per ricamare circa 50 cm di stoffa, avevo finalmente messo l’ultimo punto sulla bavaglia. Il set era finito.

Giulia nacque 4 ore dopo.

Da allora non ho mai smesso di amarla, e non ho mai smesso di ricamare i miei lavori a punto croce da regalare a chiunque; amici e parenti, figli di amici e parenti e affini.

Fino alla coperta per il figlio di Elton John: si, si, non è uno scherzo. Con le stesse mani con cui sto battendo sulla tastiera del mio pc rosa, qualche anno fa ho ricamato il nome ZACK decorato con i tipici Teddy Bears inglesi, e poi l’ho consegnata direttamente nelle Pregiatissime Mani di Sir Elton in persona. Che gradì parecchio.

Anche oggi, ricamare è il mio antistress per eccellenza, nonché una grande scuola di autocontrollo perché, come le addette al settore sapranno bene, molto spesso i gomitoli si attorcigliano e aggrovigliano fra loro; magari proprio quando sei più stanca e non vedi l’ora di finire quel punto, questi fili bastardissimi si annodano.

Cosa fare? Tagliarli? Tirare rischiando di romperli? All’inizio lo facevo: perdevo la pazienza e tiravo talmente tanto da strappare tutto.

MA col tempo ho imparato il trucco.

Allentarli. Quando il filo di un gomitolo si annoda, allentalo. Ammorbidisci un capo e l’altro del filo. Non tirare, non arrabbiarti, non volere buttare via tutto, non strapparlo, non innervosirti.

Allenta la presa.

E il nodo si scioglierà, quasi da solo.

E la cosa pazzesca, è che funziona anche con la vita. Quando le cose si complicano troppo, e la tua vita si attorciglia tutta intorno ad un solo problema, o al contrario vieni sommersa di tanti piccoli, grandi fastidi che si legano fra loro imprigionandoti in una ragnatela di grattacapi da cui non riesci a svincolarti, c’è solo una cosa da fare.

ALLENTA-LA-PRESA. Staccati anche solo per qualche ora dal tuo groviglio di problemi, allontanati per qualche tempo – per tutto il tempo che riesci a prenderti – da quello che ti imprigiona la testa. Se anche li guardi un po’ più lontano, i problemi non aumentano, anzi. Fuori dalla nebbia, assume tutto un contorno più chiaro.

Se senti un nodo nel cuore, allenta la presa. Si scioglierà da solo e più in fretta di quello che pensi.
E nell’attesa…prova ad entrare nel mondo del punto croce; puta caso che Elton decida di avere un altro figlio….

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