Regola#200legittimaletuereazioni

LEGITTIMA LE TUE REAZIONI

Rientro a casa trafelata, chiudo la porta dietro di me ma mi rendo conto solo quando è troppo tardi del botto che le faccio fare.
Dopotutto, sono le due di notte, e nel condominio credo tutti dormano.
Sono fradicia.
Sono sudata.
E sono euforica, quindi di tutta la pioggia che ho preso e degli sbalzi di temperatura che mi hanno fatto venire i brividi lungo la schiena e le goccioline sotto la nuca, non m’importa assolutamente niente.
Entro e butto tutto a terra.
Borsa, giacca, foulard finiscono sul tappeto.
Mi butto sul divano, sfilo i miei PaulFrank da pioggia, tolgo i jeans e la t-shirt.
Mi appoggio comoda al cuscino, e mi preparo a rivedere il video che ho girato solo qualche ora prima, e che rappresenta il motivo di tutta la mia euforia.
Cuffiette alle orecchie, volume al massimo.
0.06 secondi.

OH-MIO-DIO-CHE-FIGURA.

Giuro, lo giuro, non me ne ero proprio resa conto.
Butto la testa indietro, le guance in fiamme.
Mi sto vergognando come mai in vita mia per quei 6 decimi di secondo di cui nessuno dovrà mai sapere.
Mi sto vergognano soprattutto della mia voce, in quei 6 decimi che nessuno dovrà mai sentire.

E ti assicuro che non è quello che pensi.

Mercoledì 29 luglio 2015.
Hydrogen Live Festival.
Concerto di Lenny Kravitz.
Si, quel gran figo di Lenny Kravitz, che avevo già visto live a Treviso qualche anno prima, e che aveva sconvolto gli ormoni di tutte le donne presenti semplicemente togliendosi la t-shirt con una mano sola.

Piove, ma Lenny Kravitz è Lenny Kravitz, quindi sfidiamo il maltempo lo stesso.
Siamo LisaMyBest, Veronica ed io.
E sul posto ci raggiunge quella gnocca della Chiara Luppi, riccioli scatenati anima bellissima e ugola diamantina.
Entriamo. Piazza Camerini è strapiena di gente.
Il cielo non promette nulla di buono.
Ma abbiamo un asso nella manica da giocarci: la loggia del ristorante che delimita la piazza.
In teoria l’ingresso sarebbe riservato a quei clienti che hanno prenotato per cena, ma noi siamo troppo belle e simpatiche per sentirci dire di no.
Sicché saliamo, e ci mettiamo a guardare il concerto dall’alto. Forse non è proprio coinvolgente, ma nei tratti in cui piove è sicuramente comodo.
E poi accade.
A metà concerto Kravitz scende dal palco, saluta la folla accalcata addosso alle transenne, e guarda in alto verso la loggia.
Verso di noi.
Uno sguardo impercettibile e rapidissimo, ma io che sono astuta – oltre ad essere la più grande del gruppo – capisco già tutto.

“Ragazze, questo viene qui”.
“Ma dai”.
“Si certo”.
“Impossibile”.

Mai sottovalutare l’ego di un cantante internazionale che porta i Rayban specchiati con una naturalezza che neanche Poncharello dei Chips.
Scortato da tre omaccioni, Kravitz percorre un quarto della piazza accompagnato dalla folla urlante, e si abbarbica lungo le scale che portano alla loggia. Al ristorante. A dove siamo noi con poche altre decine di persone.
E in quel momento, sia io che LisaMyBest che Chiara che Veronica perdiamo la trebisonda.


Telefonino alla mano, ci buttiamo tutte sull’ultimo scalino.
Lui arriva, ci passa a un millimetro, si sporge dalla loggia, saluta le novemila persone che lo guardano da giù e ri-scende verso il palco.
Un’ora dopo sono sul divano per rivedere il video.
E risentire la mia voce, che subito non avevo manco riconosciuto.
Perché nel momento esatto in cui Kravitz mi era passato di fronte, mi era partita una voce assurda, stridula, adolescenziale, più simile all’ultimo canto di una quaglia che a quello di una donna di quasi quarant’anni.
E con quella voce da groupie posseduta, avevo pronunciato – anzi – gridato la frase più ridicola che avrei potuto anche solo immaginare di pensare.

“We love youuuu!!!!”
Ebbene sì.
WE-LOVE-YOUUUU.
Preceduto dallo stesso gridolino che emette la rondine una volta ritrovato il nido di ritorno dall’inverno.

Non ho fatto vedere e ascoltare il video ad anima viva per settimane.
Finché un giorno mi sono detta che sono proprio una scema, non tanto per quell’episodio, ma per essermi vergognata di una mia reazione.
Amica, ecco una cosa che NON SI DEVE FARE MAI.
Non vergognarti mai di come reagisci alle situazioni, perché sarebbe come rinnegare una parte di quello che sei.

Le reazioni, e lo dice il termine stesso, sono le dirette conseguenze di due cariche opposte: quello che viviamo dentro e quello che ci capita dal di fuori.
E molto spesso non possiamo controllare né l’una né l’altra cosa.

Ti capita di sbottare con tuo marito, con le tue figlie, con la tua collega, con la telefonista di Sky?
Ti capita di perdere la pazienza con l’ultima persona che l’avrebbe meritato?
Ti capita di reagire male e un secondo dopo pentirtene?
E vabbé.
Non pensarci troppo, non farti mille pare, non stare a cospargerti il capo di cenere.
Ripeti dentro te stessa: E VABBE’.
Se ritieni necessario, sai come e a chi chiedere scusa. Altrimenti, fatti una grossa risata e passa oltre.

Ogni persona porta dentro un carico di energia che prima o poi butta fuori, e visto che non possiamo prevedere quando esploderemo e di fronte a chi, tanto vale imparare a volerci bene anche in quel caso.
Tanto vale imparare a volerci bene qualsiasi siano le nostre reazioni, perché ogni momento di noi può insegnarci qualcosa.

Da quella sera, per esempio, ho imparato che:
– Lenny Kravitz è davvero piccoletto come dicono;
– Lenny Kravitz non puzza affatto, come dicono;
– Lenny Kravitz senza occhiali non sembra affatto Lenny Kravitz, ma il pronipote del protagonista dei Jefferson. Ecco perché li porta sempre;
– In un’altra vita devo essere stata una via di mezzo fra una quaglia e una rondine.
Che sia per quello che di tutte le sue canzoni quella che preferisco è FLY AWAY????

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