Regola#2ilmaglionecoccolo

lL MAGLIONE COCCOLO

Prima di iniziare a scrivere questa regola, ho fatto un esperimento: ho digitato su gooooooooooooooooogle “copertina linus”. In 0.31 secondi sono usciti 124 mila risultati, quasi tutti inerenti alla teoria del come dare sicurezza ai bambini. Come se solo i bambini si sentissero insicuri. (Secondo me invece siamo noi “grandi” a riversare su di loro tutta una serie di complessi, paure e paranoie: altro che ricerca di sicurezza, e se i bimbi usassero la copertina per non vedere il mondo che gli abbiamo creato?)

Riflessioni pedagogiche a parte, oramai il tempo in cui per essere felici ci bastava un tegolino*del Mulino Bianco con relativo giochino nella scatolina di cartone, è passato.
I giorni in cui ci sentivamo libere semplicemente girando in bicicletta con la nostra migliore amica, sono bell’e andati.
Quei pomeriggi incantati che ci vedevano sognare guardando una puntata di Giorgie* in tv, non torneranno più.

Ora siamo grandi davvero, ragazze. Siamo nel bel mezzo della partita, siamo in corsa, siamo in campo, siamo nella mischia. Parole d’ordine: correre, fare, organizzare, rispondere, assentire, preparare-spreparare-ripreparare-rispreparare tutta una serie di riti e situazioni ed evenienze. Esserci sempre, possibilmente sorridendo e senza presentare il conto mai.

Un momento: e se avessimo bisogno di tirare il fiato? Come in quei giorni in cui apri gli occhi e non vorresti proprio uscire dal letto, e mentre ripassi velocemente tutti i to-does che avrai da affrontare vorresti solo farti sempre più piccola e rannicchiarti sotto alle coperte, sognando un guscio grande abbastanza per rannicchiartici dentro, e il pensiero che invece proprio non puoi farlo ti attanaglia alla gola come un finale triste in un film fino ad allora perfetto.

Che si fa in quei casi? Qual è il primo rimedio istantaneo per affrontare, gestire e superare quegli improvvisi, fottutissimamente stronzi momenti di tristezza e sconforto e voglia di mollare tutto che ci prendono alle calcagna, come un fallo da espulsione?

A chi ci possiamo davvero rivolgere quando abbiamo voglia di piangere, di appoggiare la testa al petto di una persona che ci può capire, o semplicemente quando abbiamo bisogno di ammettere che non ce la facciamo più, magari chiuse all’interno di un abbraccio, quell’abbraccio che ci mancava troppo?
Semplice. A nessuno.
Perché tu puoi, ma non devi avere bisogno di qualcuno.

Piuttosto, tieni sempre a portata un maglione grande, molto più grande di te.
Possibilmente lungo. Caldo, fasciante, di quelli che ti stringi addosso avvolgendo con le braccia prima un lato e poi l’altro, con un movimento che – da solo – è già una dimostrazione del bene che devi volerti.

Dev’essere un maglione che hai usato per anni, perché così avrà più cose da dire, più esperienza di te. Fuori forma, demodé, sgualcito, rovinato, con qualche punto levato dal gatto o una macchiolina di dentifricio che non ti sei mai ricordata di togliere.

Devi tenerlo sempre pronto, in ogni stagione. Non toglierlo mai dall’armadio.

Perché quando verrà il momento – quel momento – in cui sentirai la disperazione salirti dalle ginocchia, e la situazione che starai vivendo ti sembrerà troppo grande; quando sentirai la paura chiuderti la gola, o la tristezza bloccarti lo stomaco; quando intuirai che l’unico posto dove vorresti tornare per essere veramente al sicuro è la pancia della tua mamma (e dio solo sa quanto ti costa ammettere di pensare ancora alla tua mamma con questa dolcezza e nostalgia), allora quel maglione coccolo sarà fondamentale.

Ti salverà.

Prendilo, chiuditici dentro, sfogati, buttati sul divano, sotto le coperte, o stringilo più forte che puoi mentre cammini attorno al tavolo della cucina. Tienilo addosso più che puoi.
Lentamente, il tuo maglione coccolo inizierà a trasmetterti un po’ di sollievo, un attimo di tregua, un frammento di serenità. E soprattutto, inizierà a raccontarti di tutte le volte che ce l’hai fatta da sola. Sarà come se ad abbracciarti fossi tu, consapevole che prima di questo momento ne hai vissuti altri così dolorosamente alienanti. E li hai passati tutti.
Sarà come avere un rifugio a portata di mano, sempre.

E quando il momento sarà passato, ti accorgerai che ce l’hai fatta da sola. Anche questa volta. Hip-hip-hurrà per la donna che sono. E per il mio maglione coccolo pronto all’uso.

PS: io l’ho sperimentato anche in piena estate, camminando in giardino sotto il sole di mezzogiorno, in mutande, scalza, ma col mio maglione di lana coccolo bello stretto addosso a me.
E’ stato catartico, utilissimo, indispensabile.
Anche se non credo che la mia vicina di casa l’abbia capito, vista l’espressione allucinata con cui mi fissava dalla finestra.

(Ecco perché raccomando un maglione lungo…soprattutto quando le mutande che indossi in questi momenti ricordano quelle della prima notte di nozze della tua trisavola…)

PPS: Qualora persistesse ancora un vago bisogno di contatto fisico umano, dopo l’utilizzo del maglione coccolo, c’è tutta una serie di regole che puoi seguire per superare i tuoi momenti di crisi. Ma le vedremo domani. E domani. E domani. E domani…

*Tegolino del Mulino Bianco: meravogliossssa merendina a base di pan di spagna e cioccolato, causa delle mie imperfezioni fisiche (localizzate suprattutto dalla vita in giù) e contemporaneamente fonte di grandi gioie gustative dagli 8 ai 13 anni.

*Intendesi per Georgie un famoso manga – diventato poi cartone animato – del 1983 ambientato nel XIX secolo tra l’Australia e l’Inghilterra che racconta le avventure di una ragazza alla ricerca delle proprie origini.

La trama, in soldoni, era questa:  il signor Butman (pronuncia batman…ed è già un programma!) durante una tempesta trova una donna morente con una bimba in braccio; l’uomo decide di salvare la bimba e adottarla. Questa cresce e si ritrova ad essere una gnoccolona bionda, con gli occhioni azzurri e un fisico mozzafiato: normale, proprio normale. E fatalità, il signor Butman (pronuncia batman) aveva una famiglia composta da: moglie frustrata che mal digerisce la nuova arrivata, e due figli, Abel e Arthur, uno più bello dell’altro. Ad un certo punto il signor Butman (pronuncia batman) muore per salvare Georgie che si trova quindi  al centro di sentimenti contrastanti: la madre adottiva la odia, i due fratellastri la amano.
Il tempo passa, i ragazzi diventano adolescenti e gli ormoni si scatenano: Abel diventa marinaio per evitare di farsi Georgie sotto il tetto familiare, ma il tentativo è vano: dopo un anno e mezzo torna a casa deciso a sposare la sorellona gnoccolona. Arthur – che pure vorrebbe farsi Georgie sotto il tetto familiare – demorde solo  per non turbare la piccola (che gira per casa sempre con qualche cosa di fuori…fossero anche solo una spalla o una caviglia, a quei tempi bastava per agitare gli animi maschili!).

Georgie, dal canto suo, si innamora di Lowell – un nobile…che strano! – e l’unica sera che questi si incontrano in privato, vengono sgamati dalla mamma adottiva che scatena il putiferio, e rivela alla gnoccolona di non essere figlia sua, ma di un deportato. Georgie scappa sconvolta, ma talmente sconvolta che cade in un fiume in piena. Guarda caso sta passando di lì Arthur, che la salva, la porta a casa dello zio Kevin e la spoglia e le si sdraia sopra tutto ingnudo per scaldarla. Logico.

A questo punto, decidono tutti di scappare: Georgie si finge maschio e parte per l’Inghilterra alla ricerca di Lowell; Abel le corre dietro; Arthur le corre dietro dopo aver assistito alla morte per crepacuore della madre. Singing-Ja-Ja. Allegria.

Arrivati in Inghilterra: Georgie scopre di essere figlia di un conte. E te pareva. Incontra Lowell che però sta con Elise nipote del duca Dangerin. I due non possono resistersi e tentano la fuitina. Ma lui si becca la tubercolosi, e per salvarsi deve essere operato e l’operazione costa troppo e allora Georgie lo lascia disperatamente disperata affinché venga salvato dalla famiglia di Elise.

Gran finale: Georgie ed il padre, aiutati da Abel, pongono fine alla prigionia di Arthur. Ad aiutarli sarà Maria, la fidanzata di Arthur e sorella di Arwin, il quale muore tentando di fermare l’evasione. Dopo aver riabilitato il casato dei Gerald, Georgie rinuncia per sempre a Lowell, che rivede un’ultima volta al fianco di Elise. Anche Arthur, pur provando riconoscenza per Maria, non si lega a lei. Georgie, Abel e Arthur decidono di tornare in Australia per vivere nei luoghi in cui sono cresciuti.

E tanti saluti e baci.

E pensare che lo chiamano cartone animato, che lo davano su Italia 1 di pomeriggio all’interno di Bim Bum Bam, che a presentarlo era un pupazzo rosa di nome One, e che so ancora tutta la sigla a memoria (testi di Alessandra Valeri Manera e voce di Cristina d’Avena, bien sure)!

Comunque, Georgie, te la posso dire una cosa? COMPLIMENTONI! Brooke di Beautiful ti fa ‘na pippa!!!!

 

 

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