Regola#147mailrullinoc’è?

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E allora torno a casa, e cerco le fotografie, che per fortuna sono state scattate in abbondanza e riescono a ridarmi le immagini – e le emozioni – di quell’oggi vissuto tredici anni fa.

MA IL RULLINO C’E’?

Stamattina esco di casa di corsa, come sempre. E vestita sempre troppo poco, perché non ho ancora fatto il cambio dell’armadio. Salgo in macchina e sento freddo. Beh, in effetti è già novembre. Guardo nel cruscotto il giorno: 4 novembre.
Ed ecco il flash.

Lunedì 4 novembre 2002 mi sono laureata. Provo a ricordare qualcosa di quel giorno, ma da una certa ora in poi è tutto nero.
O meglio, rosso. come la bottiglia di vino che mi ero scolata leggendo il papiro di laurea, perché a Padova si usa così: devi leggere la tua storia che gli amici hanno scritto per te – solitamente in dialetto e solitamente con le figure di merda peggiori che hai collezionato fino a quel momento – e ad ogni errore, giù sorsate di un ottimo Novello. Perché a Padova si usa così.

Mentre guido verso l’ufficio cerco di ricostruire quelle giornata, ma ho troppi vuoti. E allora torno a casa, e cerco le fotografie, che per fortuna sono state scattate in abbondanza e riescono a ridarmi le immagini – e le emozioni – di quell’oggi vissuto tredici anni fa.

Ricordo perfettamente che mi ero alzata piena di adrenalina, e orgoglio. Ero riuscita a laurearmi lavorando sempre, e pagandomi tutto da sola. Da quel giorno sarei diventata una professoressa di storia e filosofia a tutti gli effetti. Avevo comprato un completo giacca e pantalone nero, ma quella mattina non mi ci sono proprio sentita, in quei panni, e allora opto per i jeans. (foto 1 in alto a sx, appena laureata, tra mamma e papà).

Ci sono tutte le persone che per me contano di più. I miei amici più cari, un paio di ex, il mio socio di studi Alberto, la mia amica Chicca, il mio padre spirituale, don Giovanni, attrezzato di videocamera.

 “Esperienze di Didattica della storia attraverso i mezzi multimediali”: il portatile è carico; il videoproiettore praticamente già collegato. L’intera discussione si basa su un video d’apertura, uno spot realizzato nel 1996 dalle reti Mediaset contro la seconda guerra del Golfo che all’epoca avevo registrato su VHS e per la laurea riversato in DVD. Suggestivo e di forte impatto, tutto montato su “The Miracle of Love” degli Eurythmics. Successo assicurato. Se non fosse che appena arrivata in aula, il mio relatore mi dice che quel giorno c’è sciopero del personale ausiliario: non si possono installare o usare attrezzature.

Ok, mai paura. Oggi niente e nessuno può fermare la mia piccola vittoria personale, difatti entro e li stendo tutti, compresa la controrelatrice che tenta di contestarmi un capitolo. Eh no cicciabella, oggi è la mia giornata e questa è la mia tesi. Stai a cuccia.

106 su 110. Andata.
E adesso arriva la prova più dura: superare gli scherzi degli amici.
Perché dopo la discussione di laurea ti può capitare di tutto. A Padova si usa così.

Esco sul vialetto di Piazza Capitaniato, e vedo un telo di plastica per terra di fronte alla statua di Angelo Beoco Ruzante. Perdonali per quello che stanno per fare, Angelo.

Cominciamo subito con lo sfacelo: il travestimento (dopotutto a Padova si usa così).
Leggings fucsia a pois neri (e allora si chiamavano ancora fuseaux), tutina rossa in lattice. Non riesco a trattenermi, e mi esce la seguente frase: di chi sono questi vestiti da puttanona? Scoppio a ridere. Peccato che la proprietaria dei vestiti fosse lì tra gli invitati – e ovviamente erano abiti che non usava più… (nella foto n. 2 in senso orario, l’esatto momento in cui pronuncio la frase infelice).

Intanto continuo a leggere il papiro. A sbagliare. E giù di Novello. E bevilo-bevilo-bevilo-tutt’un-fià. (foto 3)

Non contenti del travestimento, iniziano a buttarmi addosso qualsiasi cosa (esatto, proprio perché così si usa a Padova).
Schiuma da barba, panna e carta igienica come se piovesse.
Papà si sbaglia, e invece di buttarsi sulla panna, finisce per riempirsi la bocca di schiuma da barba (foto 4 e 5).

Tutti ridono e scherzano. Tranne la bottiglia di Novello che volge al termine, e si porta via ogni mia parvenza di sobrietà e serietà. Ci trasferiamo nel mio paesello per la seconda parte della festa. Aperitivo nel baretto dove ho lavorato per pagarmi gli studi, e poi tutti in piazza per vedere la neo professoressa di storia e filosofia trasformata in un bidone dell’umido (chissà se è venuta in quell’occasione agli amministratori l’idea della raccolta diffenziata).

Vengo legata ad un traliccio. Vengo cosparsa di uova e farina – e giuro che fa sempre parte delle usanze patavine. Eddy, Matteo, Davide, Stefano, Nicola, Gianluca e Stefania. Ognuno ha un compito: tenermi ferma, passarmi un caco sul braccio – si, proprio un caco – versarmene il succo sulla testa direttamente dalla borsetta (foto 6, 7, 8,9).

Dottoreeee, dottoreee, tutti che cantano. Papà ferma le auto che passano e offre da bere anche a loro, poi mi trascina a casa per le gambe – evidentemente molto poco sobrio pure lui (foto 10).

Mamma mi butta sotto la doccia. Vestita. E apre l’acqua. E torna a prendermi dopo un’ora. Sapevo ancora di uova e caco. Mi porta a letto. Io chiudo gli occhi sperando di prendere subito sonno e svegliarmi sobria.

Ma arriva un messaggio. Ed è proprio suo. Ho aspettato un mese che mi scrivesse – esattamente dal giorno in cui mi aveva finalmente chiesto il numero – e lui scrive OGGI. Ora. Adesso che sono completamente ebbra di gioia e Novello. Stronzetto. Carino e stronzetto, com’è sempre stato (ed era proprio per questo che mi piaceva da matti).

“Adesso che sei laureata sarà ancora più difficile starti dietro”.
“Dietro o davanti, sono sicura che mi starai benissimo”.
Eccheccazzo! Mi scrivi che sono ubriaca, è ovvio che ti rispondo così.

Chiudo gli occhi ebbra di gioia, Novello e di farfalle. Mille milioni di farfalle blu che soltanto lui sapeva mettermi in circolo nella pancia. Come sempre. Come anche oggi. Che Kenny Random deve avermi incrociata un giorno e avermele viste tutt’e intorno, quelle mille milioni di farfalle blu che solo lui.

Mi sveglio dopo qualche ora che sono già proiettata per l’ultima fase dei festeggiamenti: il mega party di laurea fissato per il sabato dopo. È quasi tutto pronto: le bomboniere (dei posacenere con la copia del mio primo tatuaggio – un delfino con un girasole). La mega crostata fatta da mamma e alcune vicine che ricreava con la frutta lo stesso tatuaggio, e la stampa di una foto mia da piccina e una da neolaureata.

Il dj, le luci, il cappello nero che voglio indossare. Sarà un festone, pensavo quel sabato mattina alzandomi. E’ tutto pronto. (Foto: nessuna).

Di quella sera non resta nulla, perché furono scattate un sacco di foto e del dolce e delle bomboniere e del dj e della sottoscritta con il cappello nero in mezzo ad amici e parenti. Ma mancava qualcosa. Mancava il rullino dentro la macchina fotografica.

Sicché di quella sera non ricordo nulla, e nulla resta. Se non una grande lezione: assicurati sempre di essere pronta per i grandi momenti della tua vita. Assicurati sempre di avere a portata gli strumenti giusti. Che si tratti di un telefonino o di una GoPro o di qualsiasi altro aggeggio infernale moderno, assicurati sempre che sia tutto funzionante e in piena carica. Perché se dei momenti belli non prendi qualche scatto, alla fine il tempo passa e la tua memoria con lui.

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