Regola#141avolteamadipiùpropriochinonsadirlo

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Conta su chi c’è, su chi è presente anche in silenzio, o anche con modi a volte burberi o che comunque divergono mille gradi da come vorresti sentirti amare tu.
A VOLTE AMA DI PIU’ PROPRIO CHI NON SA DIRLO

Era un martedì. Era martedì 14 settembre 2004, per la precisione.
Un martedì che non dimenticherò mai, perché sono cresciuta più in quel giorno che in tutti i mesi del 2004 venuti prima.

Ho guidato per chilometri, con la visuale completamente bloccata sia dal lato destro, quello del passeggero, sia da dietro, perché non riuscivo a vedere il vetro posteriore; e anche dallo specchietto non vedevo una cippa lippa.

Tutto perché la mia SuperKa era stracarica della mia vita: abiti, cd, borse, libri, scarpe. Tutto quello che riusciva a contenere era schiacciato dentro quella povera macchina.
Per sentirmi meno sola, visto che stavo lasciando per la prima volta casa mia, avevo deciso di fare uno strappo alla mia fase di emancipazione, e portami appresso anche il mio maialino di pelouche gigante.
Che era sistemato sopra due cuscini e 8 borse, nel sedile del passeggero.
In pratica, ho attraversato tutti gli Appennini con un maiale di pelouche a grandezza quasi naturale che salutava gli automobilisti per strada.
Alla faccia della donna in carriera.

Sono partita a mezzogiorno.
Destinazione: via di Scolivigne, 2/a.
Comune: Grassina.
Regione: Toscana.
Motivo: ero stata scelta dalla Zoppini srl – bellissima realtà orafa fiorentina – per gestire la segreteria dei mercati esteri.

Io, proprio io.
Sono partita a mezzogiorno, con il navigatore puntato verso quella meta a 210,3 chilometri da tutto il mondo che avevo vissuto fino ad allora.
Sono partita che ho pianto così tanto, da rischiare di affogare dentro la mia stessa SuperKa.
Eppure, quelle sono state le lacrime più belle che io abbia mai versato.

E non perché stavo per affrontare un’avventura meravigliosa, e neppure perché stavo per lasciare gli amici di sempre e i luoghi che mi avevano protetta fino a quel giorno.
Sono partita piangendo per colpa di mio papà.
O meglio, grazie a lui.

Quando gli avevo detto che il titolare della Zoppini, Mauro, aveva offerto a me quel lavoro, il suo commento era stato: fra tutte quelle che ci sono laggiù, perché hanno scelto proprio te?

Si, ok. Non fu un commento proprio incoraggiante, e all’epoca quella sua frase mi ferì tantissimo, così come le due settimane di silenzio e muso duro che mi aveva imposto prima di partire.
E che mi facevano pensare che i nostri due mondi, quello di padre e figlia, non si sarebbero incontrati mai.

Fino a quel martedì.

Non ci eravamo visti al mattino, e il pensiero di partire senza salutarlo mi metteva il cuore in ammollo, a maggior ragione visto che non ci parlavamo da due settimane.
Poi quella mattina mi alzo, porto in salotto le ultime cose da caricare in macchina, e vedo su di una poltrona la televisione piccola di papà, quella che si teneva sempre vicino nel caso quella grande si rompesse proprio mentre stava guardando un gran premio di Formula Uno.
Un generatore di immagini ferrariste di riserva, in pratica, sempre acceso anche quando fuori splendeva il sole di ferragosto.

Vicino alla tv, un biglietto a righe.

Dentro al biglietto a righe, 50 euro.
Scritte nel biglietto a righe, poche, semplici parole, in stampatello grande e tutte divise da un trattino, come avevo sempre visto scrivere papà.
In quelle parole, tutto il suo amore per me, il suo orgoglio, la sua paura di non riuscirmi a proteggere così lontano e il dolore per la figlia che diventa grande e se ne va.
Ed ecco svelato il trucco.

A volte, sono proprio le persone che non sanno dirlo, quelle che ti amano di più.

Perché dire l’affetto che si ha dentro richiede allenamento, richiede pratica, richiede un treno di parole che a volte non tutti hanno.
Ma questo non significa che chi non sa dirlo, non sappia provarlo.

Diffida sempre di chi ti circonda di troppe parole, amica mia, e affidati soltanto ai sentimenti che senti sotto pelle e dritto dentro agli occhi; ricordati che ognuno di noi ha il suo modo di gestire tutto quello che sente, e non tutti possono o vogliono o sanno usare le parole per dire anche un semplice “ti voglio bene”.

Conta su chi c’è, su chi è presente anche in silenzio, o anche con modi a volte burberi o che comunque divergono mille gradi da come vorresti sentirti amare tu.
Conta su chi ti accetta per quello che sei, su chi ti sopporta nelle tue piccole malinconie o nei tuoi momenti blu, su chi passa oltre ai tuoi scatti di nervosismo pre-in-post ciclo.

Conta su chi c’è con uno sguardo, con un gesto, con una telefonata giusto per sentire se va tutto bene.


E diffida di chi ti veste di parole: con le parole siamo tutti dei mini Valentino capaci di cucirti addosso l’abito più bello e rosso ed elegante che c’è; ma se togli quell’abito, e resti nuda davanti a qualcuno che si volta dall’altra parte, allora quelle parole non servono. E ti distraggono.

Io in quel lontano martedì mi sono sentita la figlia più fortunata del mondo.
E non fa nulla se poi abbiamo litigato altre milioni di volte, e se i nostri modi di vivere quello che siamo uno per l’altra sono così lontani.
Quel martedì io ho capito. E credo anche lui.

Ps: Buon compleanno, papà.

2 thoughts on “Regola#141avolteamadipiùpropriochinonsadirlo

  1. Ciao Eustachia la tua riflessione mi ha ricordato quanto sono importanti i papà , specialmente per una figlia..io ho la fortuna di avere due maschi e ne sono fiero, ma se penso a una figlia femmina impazzirei…di gioia a di pensieri. Comunque i papà sono fondamentali e te lo dice uno che a 6 anni viene a sapere che il suo vero papà è morto quando avevo 2 anni e quello che chiamavo papà e che chiamo ancora papà (con orgoglio) mi ha adottato. Quanti dubbi, quante domande non risposte , quante cose che avrei voluto sapere di lui, di chi mi ha dato la vita insieme alla mamma e di cui mi rimane una foto sul mio comodino. per un banbino e devastante e per me lo e stato ..ma sono stato fortunato ,il mio papà attuale e stato fantastico , non mi ha fatto mancare niente e lo chiamo papà nel vero senso della parola…ma quante domande restano senza risposta e ogni tanto quardando questa foto sul comodino una lacrima vorrebbe spuntare ma e troppo il rispetto per il mio papà adottivo e , rimane li …forse per un giorno che ne avrò veramente bisogno. Ama tuo padre perché lui ti ama ancora di più. Un caro saluto

    1. Caro Enrico, condivido tutto, e trovo che questo tuo pensiero sia dolcissimo, e pieno d’amore.
      Grazie, davvero.
      Un bacio enorme da dividere tra te, i tuoi papà, i tuoi figli, e la donna che tiene le fila di tutto questo amore!
      EBT

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